A cura di Michele Lo Foco.

Mi ero ripromesso di non commentare ulteriormente le affermazioni ottimistiche della senatrice Borgonzoni, ma di fronte al sorprendente esordio cinematografico del sottosegretario Mazzi non posso resistere, soprattutto per testimoniare che prendere in giro il settore non è né facile né utile né etico.
È evidente che Mazzi non ha fatto altro che leggere un discorso preparato da altri, che ripercorre tutte le fantasie elaborate dai vertici in questi mesi per nascondere il disastro strutturale del settore, ed è pertanto necessario, soprattutto per Lui e perché capisca, contrastare punto per punto le Sue affermazioni.
La prima è che 475 domande per il tax credit produzione dimostrano che il settore è operativo: regalando i soldi a chiunque si presenti è ovvio che le domande si moltiplichino, ma questo dato è solo la dimostrazione che la legge è talmente priva di confini che fino a che sarà possibile, tutti cercheranno di sfruttarla anche producendo il filmato della loro prima comunione.
Cambiando settore se lo Stato finanziasse il 50% del costo delle automobili, anche importate dall’estero, tutti da tutto il mondo verrebbero ad acquistare automobili in Italia, anche veicoli scadenti e di nessun pregio.
Seconda affermazione: si sta valutando la reintroduzione dell’obbligo di reinvestimento…
Premesso che sono passati quasi otto anni dall’introduzione del velenoso tax credit ( e che ancora stanno valutando…), l’obbligo prima di tutto prevede una scadenza impensabile, difficile da controllare, ma soprattutto per le major che operano in Italia non comporta alcuno sforzo, se non quello di produrre ancora e di maturare altro tax credit.
Il moltiplicatore di cui parla Mazzi riguarda il risultato dei guadagni delle major e del sacrificio statale. In poche parole si moltiplica il saccheggio.
È poi da comprendere come si inserisce in questo contesto la cessione dei proventi allo Stato, inserita nella legge finanziaria, che ci sembra di capire nel 2025 è già operativa ma nessuno ne parla.
Terza affermazione: i limiti al tax credit ci sono 9 milioni e 18 milioni.
Povero sottosegretario al quale fanno dire queste assurdità: premesso che quei limiti sono spaventosamente alti e consentono di rubare con la pala, non valgono per i produttori esteri e le produzioni esecutive in Italia, e pertanto non sono operativi proprio laddove servirebbe un limite.
Quarta affermazione: ci sono 35 set attivi in Italia.
Bene, ha controllato Mazzi di cosa si parla o voleva solamente fare impressione? Intanto sono altrettanto numerose le società che non riescono a terminare la produzione e quelle che stanno fallendo, ma tra i 35 ci sono: documentari, una alta percentuale di prodotti televisivi, sui quali tornerò, prodotti realizzati da major a base estera che continuano ad ingolfarsi di tax credit (con i quali aggiungo possono essere acquistati anche uffici, mobili, vetture di servizio, sale cinematografiche, ed altro,) e soprattutto progetti senza alcuna reale consistenza che forse verranno realizzati o forse no.
La verità è che il settore è immobilizzato dalla mancanza di erogazioni, non di assegnazioni (è bene precisarlo per fare chiarezza) e che in futuro non potrà che essere prevista una totale modifica del sistema contributivo.
Nel frattempo i privilegiati possono fare indigestione.
Aggiungo per il Sottosegretario: La televisione è una azienda di Stato, pagata con i soldi dei cittadini. Rai cinema anche se sembra non è la società di Del Brocco, e Rai fiction, anche se sembra, non è la società dell’Ammirati.
I soldi erogati dai suddetti a totale discrezione, finiscono nelle aziende privilegiate di coloro che sono riusciti ad accreditarsi e a congiungersi strutturalmente, tramite metodi vari, con l’azienda di Stato, che li libera totalmente dal rischio produttivo, grazie alla contemporanea regalia del tax credit.
Pertanto gentile Sottosegretario, Le suggerisco di ripassare la materia.
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