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Immagine del redattoreMichele Lo Foco

Una questione di soldi

A cura di Michele Lo Foco.



Un intero bellissimo paese italiano Portofino è stato affittato da una coppia di sposini indiani, iper ricchi, che lo hanno utilizzato in esclusiva per l’intero pomeriggio e la serata.


Ed è sempre una questione di soldi che ha reso il nostro paese vassallo di gruppi dominanti esteri, soldi che rendono possibile che la dignità, la lingua, le tradizioni vengano addomesticate al punto da renderci un deserto culturale, ed un territorio neutro nel quale nulla conta più dell’interesse personale.


Mentre la classe politica spartisce i telegiornali ed i direttori dei quotidiani con gli imprenditori più vigorosi, rendendo di fatto la stampa ed il giornalismo solo  uno strumento, i veri padroni del mondo si concentrano sugli affari, sapendo perfettamente che mentre le notizie scorrono e passano, i soldi, oltre ad acquisire le coscienze, servono a creare territori di potere economico dai quali succhiare, finché ci sono, le risorse.


Detto diversamente mentre Repubblica, il Corriere, il Messaggero continuano a perdere lettori, RAI affida il proprio fatturato di intrattenimento e di approfondimento a società che di italiano hanno solo il nome e talvolta l’amministratore, ma che in realtà sono emanazioni di gruppi internazionali che se ne fregano del governo in carica, e pensano solo al fatturato.


Nessun’altra nazione ha il grado di permeabilità dell’Italia e nessun altro paese ha la predisposizione alla corruzione dell’Italia, il cui livello professionale è talmente sceso da rasentare il suolo.


L’assenza di controlli è una caratteristica nazionale ben conosciuta all’estero e questa è la principale attrattiva dei contributi statali, al punto tale che un camorrista arrestato per l’emissione di fatture prive di corrispondente attività, in una conversazione telefonica intercettata, diceva più o meno ad un suo complice “… un film può costare cinquantamila euro o due milioni …. non se ne accorge nessuno”.


Ma controllare in Italia è quasi un’offesa: dubitare della veridicità delle cifre è una modalità adatta ad esseri sospettosi e non collaborativi, e le aziende protette dalla sinistra e da Franceschini, ormai turgide ed intoccabili, non devono essere disturbate, nonostante espongano budget palesemente eccessivi.


Franceschini, lo scrivo da anni, ha modificato il DNA dello spettacolo, riuscendo in un’operazione che se da una parte gli ha concesso di determinare il monopolio della sinistra, dall’altro ha azzerato la creatività del nostro paese mettendo le sorti dello spettacolo nelle mani di ragionieri maneggioni piuttosto che in quelle di autori ed attori di livello, di cui peraltro il nostro paese è ricco.


Se affittiamo i paesi più belli e tra un po’ anche le mogli, se cediamo i teatri di Cinecittà ad una major straniera, possiamo mai pretendere che questa nazione torni ad essere determinante in Europa?


Credo fermamente in una politica liberale che rispetti le tradizioni ma rispetti anche la verità e l’equità sociale: laddove ci sono soprusi, potere indiscriminato, regole strumentali, interpretazioni di parte, burocrazia dominante, ignoranza, caste, cerchi magici, insofferenza, e come direbbe Papa Francesco, alzheimer spirituale, indifferenza e vanagloria, ebbene laddove albergano tutte queste componenti io non sono ospite gradito, ma un nemico da ostacolare.

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